Quali costi possono essere trasferiti sul canone di affitto, dopo un risanamento?
Il diritto delle locazioni consente al locatore o alla locatrice, dopo un risanamento, di trasferire le prestazioni suppletive sul canone di affitto. Sono da intendersi come prestazioni suppletive ai sensi dell’art. 14 dell’ordinanza concernente la locazione e l’affitto di locali d’abitazione o commerciali (OLAL) in particolare anche le seguenti migliorie energetiche:
- interventi volti a evitare perdite energetiche dell’involucro dell’edificio
- interventi finalizzati a un utilizzo razionale dell’energia
- interventi volti a evitare emissioni degli impianti domestici
- interventi finalizzati all’impiego di energie rinnovabili
- la sostituzione di elettrodomestici con elevato consumo energetico con elettrodomestici con un consumo più ridotto
Come prestazione suppletiva si può tuttavia far valere solamente quella parte dei costi che supera i costi di ripristino o mantenimento dello stato originario.
Calcoli complicati?
Per il calcolo concreto dell’aumento del canone di affitto sono rilevanti i seguenti fattori:
- i costi complessivi del risanamento
- la percentuale delle prestazioni suppletive
- la vita utile degli interventi
- gli interessi sul capitale
- la manutenzione dei nuovi dispositivi
Di particolare importanza, ma non sempre facile, è determinare la prestazione suppletiva. Se ad esempio vengono risanate le finestre, occorre considerare che la casa aveva le finestre già prima del risanamento. Si tratta dunque di trovare che cosa offrano di supplementare le nuove finestre. Che cosa è diverso rispetto a una sostituzione con finestre di pari valore?
Pertanto gli interventi sono costituiti di regola da una quota di interventi di valorizzazione e una quota di interventi di conservazione.
Dal 50 al 70 per cento dei costi complessivi
Poiché il tipo di calcolo sopra esposto diventa troppo complicato nel caso di risanamenti di grandi dimensioni, il legislatore prevede una semplificazione. Per ristrutturazioni complete vale la regola che bisogna considerare come prestazione suppletiva dal 50 al 70 per cento dei costi complessivi di un risanamento, una percentuale che si può di conseguenza trasferire sul canone di affitto. Se si possa trasferire come prestazione suppletiva soltanto il 50 per cento dei costi complessivi o una percentuale maggiore dipende da diversi fattori: com’era la condizione originaria dell’edificio, ci sono eventuali ritardi nel risanamento? Con il risanamento si fa solo lo stretto necessario o si tratta di un risanamento di lusso, che alza notevolmente lo standard di costruzione? Qual è la proporzione tra costi di risanamento e attuali introiti di affitto?
Questi sono i fattori che si prendono in considerazione nel decidere quale valore compreso tra il 50 e il 70 per cento possa essere trasferito sull’affitto. Se lo standard della costruzione viene alzato notevolmente dal risanamento, si deve mettere in conto una percentuale maggiore di trasferimento sull’affitto. Fa invece abbassare la percentuale un ritardo nel risanamento: Non vale dunque la pena per i locatori e le locatrici protrarre un risanamento per anni o addirittura per decenni.
Se si usufruisce di incentivi, questi devono essere detratti direttamente dalle prestazioni suppletive.
Tasso di interesse di riferimento nel diritto di locazione e indice nazionale dei prezzi al consumo
In caso di un adeguamento del canone di affitto a causa di investimenti di valorizzazione, occorre tenere in considerazione anche la differenza tra il tasso di interesse di riferimento contrattuale e il tasso di interesse di riferimento attuale, oltre all’indice nazionale dei prezzi al consumo.